(Firenze 1666 - Roma 1724)
Formatosi presso la scuola di Anton Domenico Gabbiani, protagonista della pittura tardo barocca fiorentina, Benedetto Luti nel 1690 si trasferisce a Roma ed entra in contatto con Carlo Maratti. Presso la scuola del maestro, il giovane fiorentino intraprende un percorso artistico che in pochi anni lo conduce, attraverso la reinterpretazione della tradizione seicentesca romana, verso un progressivo superamento dai canoni tardo barocchi della sua formazione. L’elaborazione di un originale linguaggio pittorico, caratterizzato da una spiccata sensibilità per il colore meditata attraverso lo studio delle opere di Mola, Ricci e Gaulli, sarà alla base del suo successo e del particolare apprezzamento da parte dei collezionisti del tempo.
Solo dopo aver ricevuto licenza dal maestro nel 1692 Luti, giunto a Roma da appena due anni, partecipa al Concorso Clementino dell’Accademia di San Luca, vincendo il primo premio della prima classe di pittura. Il tema proposto, Mosè raccoglie i doni per la costruzione del tempio è sviluppato dal giovane fiorentino attraverso la raffigurazione di molteplici gruppi di personaggi che formano un insieme armonico, ben equilibrato. La distribuzione dello spazio avviene su diversi piani che sfumano verso l'orizzonte e accompagnano lo spettatore nell'evolversi del racconto che ha inizio a sinistra con il convoglio dei donatori, per proseguire, attraverso l’alternarsi di pieni e vuoti, al centro della scena dove Mosè analizza il progetto e catalizza, grazie al dispiegamento degli astanti, l'attenzione dello spettatore. Sullo sfondo, al di sopra di una collina, gruppi di uomini, sommariamente raffigurati, avviano i primi lavori di costruzione dell’edificio sacro. Luti, che si ritrae sulla destra come testimone dell’evento mentre srotola il disegno, con questo “squisito saggio del tardobarocco fiorentino” (Rudolph 1989), dimostra di non appartenere ancora pienamente alla scuola marattiana ma di aver raggiunto una maturità artistica che lo vedrà in pochi anni assurgere ad una posizione di rilievo nell’ambiente artistico romano.
L’ascesa sociale di Luti, già decretata dall'elezione ad accademico di merito nel 1694 - cui seguirà la nomina a principe nel 1720 - è inoltre testimoniata dalle numerose committenze che egli riceve dalle potenti famiglie romane come i Colonna, gli Odescalchi, i Barberini ma anche da autorità ecclesiastiche come lo stesso papa Clemente XI e il Cardinale Ottoboni, per il quale Luti eseguì, secondo il Pascoli, l’Amore e Psiche. Il dipinto, donato all’abate Adami fu poi venduto alla Pinacoteca Capitolina nel 1771, ed entrò a far parte delle collezioni accademiche nel 1845, insieme ad un gruppo di dodici opere ritenute “sconvenienti”, poiché raffiguranti il nudo femminile. Luti riproduce il momento in cui Psiche, dallo sguardo languido e in una posa artefatta, illumina, e scopre per la prima volta il volto del suo amante. La luce emanata dalla lampada a olio inonda il corpo di Amore dormiente, avvolto da un soffice panneggio di un blu intenso. Spessi e morbidi tendaggi racchiudono la scena e coinvolgono lo spettatore in un momento di idilliaca intimità. Il rapporto luce-ombra è qui abilmente risolto da Luti che, sebbene non ricusi completamente il chiaroscuro furiniano, dimostra nell’evanescenza pittorica, nella leggerezza cromatica, nella delicatezza del tocco un graduale avvicinamento allo stile rococò.
Elisa Camboni
Bibliografia essenziale
E.P. Bowron, The paintings of Benedetto Luti: (1666 - 1724), Ann Arbor 1984.
I premiati dell'Accademia 1682-1754, a cura di A. Cipriani, Roma 1989.
La pittura in Italia. Il Settecento, , 2 voll., Milano 1990.
Aequa potestas: le arti in gara a Roma nel Settecento, a cura di A. Cipriani, Roma 2000.
Collezionisti, disegnatori e teorici dal Barocco al Neoclassico, "Studi sul Settecento Romano", 25, 2009.
G. Sestieri, Benedetto Luti: Cena in Emmaus: dipinti inediti del barocco italiano da collezioni private: Palazzo Chigi in Ariccia, 2011,Ariccia 2011.
R. Maffeis, Benedetto Luti: l'ultimo maestro, Firenze 2012.