(Villaorba 1880- Roma 1960)
Questo Autoritratto di dimensioni colossali, che fu esibito alla LXXXIV Esposizione della Società Amatori e Cultori di belle arti di Roma, tenutasi nel Palazzo delle Esposizioni da febbraio a giugno del 1915, costituì la presentazione ufficiale al pubblico romano di Aurelio Mistruzzi come scultore monumentale.
Guido Marangoni, uno dei più importanti critici d'arte dell'epoca e futuro ideatore della Biennale d'Arte decorativa di Monza, segnalò nella sua rassegna sull’esposizione romana fra le opere che “riescono ad attrarre l’attenzione e a fermare lo spettatore il fortissimo ritratto di Aurelio Mistruzzi”, riproducendolo a fine articolo accanto al Prigione di Adolfo Wildt (Marangoni 1915).
Opponendosi alla famiglia, che lo voleva perito agrario, Mistruzzi s’era formato inizialmente presso la Regia Scuola di Arti e Mestieri di Udine, ottenendo nel 1903 a Venezia l’abilitazione all’insegnamento del disegno nelle scuole. Completò poi la propria formazione a Milano, presso gli scultori Eugenio Pellini e Alfonso Mazzucchelli e dal 1906 all’Accademia di Brera, dove fu allievo di Enrico Butti e Cesare Tallone, debuttando con successo all’Esposizione Nazionale di Milano tenutasi quell’anno. Trasferitosi a Roma nel 1908, in seguito alla vittoria del concorso Marangoni indetto dal Comune di Udine, l’artista si era pienamente affermato come scultore monumentale fra 1913 e 1915, portando a termine la sua prima grande commissione pubblica, i colossali gruppi allegorici delle Virtù civili e politiche per il Palazzo degli Uffici comunali di Udine.
“Quel cipiglio, quell’aggrottar di ciglia, quello sguardo che fa l’effetto di un colpo di rivoltella, quella piega sprezzante della bocca: è il ritratto vero, autentico, che ha scolpito nei tratti del suo volto tutta la tenacia del suo carattere, tutta la magnifica forza della sua volontà”, scrisse dell’opera l’architetto e critico Giovanni Del Puppo, precisando che “Aurelio Mistruzzi, nella aitante, robusta persona racchiude un animo, buono, mite, affettuoso, e una modestia degna del suo valore d’artista” (Del Puppo 1924).
L’Autoritratto, probabilmente ispirato a una fotografia a mezzo busto dell’artista in divisa da ufficiale (ripr. in Imbellone 2011) e ispirato idealmente a Michelangelo nell’adozione del non finito, fu donato dall’artista all’Accademia di San Luca in seguito alla sua nomina ad accademico corrispondente, avvenuta il 18 novembre 1936, quando la sua carriera di scultore monumentale era ormai in declino e sorpassata dalla sua attività di medaglista e incisore ad perpetuum della Santa Sede. Il modello in gesso è conservato nella Galleria d'arte moderna di Udine, parte del lascito fatto dagli eredi dello scultore nel 1992.
Alessandra Imbellone
La riproduzione digitale della scultura è stata eseguita con il contributo della Regione Lazio, Direzione Cultura e Lazio Creativo, Area Servizi Culturali e Promozione della lettura, L.R. n. 24/2019, Piano 2022