Donna che fila
Autore
Pier Francesco Mola
(Coldrerio, Canton Ticino 1612 – Roma 1666)
Data
1650 circa
Tecnica
olio su tela
Dimensioni
cm 72 x 61
Provenienza
lascito Fabio Rosa 1753
Inventario
297

Il dipinto è confluito nel 1753 nelle collezioni dell’Accademia di San Luca a seguito del lascito Fabio Rosa, registrato come “n.° 59 Altro di simil misura in circa, con cornice à due ordini d’intaglio dorato, rappresentante una Vecchia, che fila, originale di Francesco Mola sc. 50” (Accademia di San Luca, archivio). 
Si tratta di una delle opere più emblematiche della produzione ritrattistica del Mola, oscillante tra la pittura di genere e l’allegoria, con forti connotazioni realistiche di spontanea immediatezza. Già attribuito a Rembrandt, fu restituito al Mola da A. Venturi (parere orale), con le conferme di Voss e della critica successiva. È plausibile una datazione attorno al 1650.
Se il naturalismo e l’inconsueta inquadratura di spalle postulano una matrice caravaggesca e riberesca, il soggetto popolare richiama la tradizione figurativa olandese e fiamminga, che predilesse tematiche di questo tipo, denunciando la componente nordica della cultura dell’artista. Il dipinto, per la scioltezza esecutiva e la libertà pittorica, è una compiuta applicazione del ‘neovenezianismo’ del Mola, con implicazioni allegoriche, raffigurando probabilmente una delle tre parche (Laureati), forse Lachesi, che svolgeva sul fuso il filo del destino. La donna, che indossa un costume popolare comune in area italica-settentrionale, potrebbe essere una congiunta del pittore, forse la madre Elisabetta Cortesella (1595 c.a – 1659), come suggerisce il carattere familiare e spiccatamente veristico del dipinto. Quest’ultima infatti si occupava di cucito, come testimonia il Mola stesso in una lettera inviata alla sorella Marta nel 1658 (Montalto 1955, pp. 287-288). 
Una ulteriore conferma è costituita da schizzi raffiguranti due donne familiari al pittore, di cui una intenta a cucire ed un altra con un profilo simile alla filatrice, in un foglio autografo del  Teylers Museum di Haarlem (Meijer 1985, n. 6). L’opera potrebbe identificarsi con “Un quadro in tela di palmi tre, e due e mezzo dipintovi una vecchia in schiena che sta a sedere filando di mano di Francesco Mola con cornice larga mezzo palmo scorniciata intagliata e tutta dorata”, presente nell’inventario del mercante Antonio Amici Moretti del 1690 (Giammaria 2009, p 55), probabilmente coincidente con il “Ritratto di vecchia che fila di tre palmi per alto del Mola” esposto a San Giovanni Decollato nel 1736 (Ozzola 1914, p. 644). 

Francesco Petrucci

 

Bibliografia essenziale
R. Cocke, Pier Francesco Mola, collana “Oxford Studies in the History of Art and Architecture”, Oxford, 1972, pp. 53-54, n. 37, fig. 142.
A. Giammaria (a cura di), Archivio del collezionismo romano, progetto diretto da L. Spezzaferro, Pisa, 2009.
L. Laureati, I.Dipinti, in Pier Francesco Mola 1612-1666, catalogo della mostra, Lugano-Roma, Milano 1989, pp. 148-201: 176-177, n. I.22.
B. W. Meijer, I grandi disegni italiani del Teylers Museum di Amsterdam, Milano, 1985
L. Montalto, Gli affreschi del Palazzo Pamphili in Valmontone, in “Commentari”, 1955, pp. 267-302.
L. Ozzola, Nota dei quadri che stettero in mostra nel cortile di San Giovanni Decollato a Roma nel 1736, in “Archivio della Società Romana di Storia Patria”, XXXVII, 1914, pp. 637-658. 
H. Voss, Di Pierfrancesco Mola, Pittore et incisore Comasco, in “Rivista Archeologica della Provincia di Como”, fasc. 59-61, 1910, pp. 177-209: 204.

 

 

Il lascito Fabio Rosa (1753)  Fabio Rosa (1681-1753), eccentrico personaggio nella Roma del primo Settecento, ecclesiastico con la passione dell’arte tramandata dalla famiglia (suo padre, Francesco, fu pittore e accademico di San Luca), decise di lasciare una parte dei suoi beni all’Accademia proprio «in gratitudine per la memoria» del padre. Il lascito che giunse nel 1753 è uno tra i più importanti, per qualità e quantità delle opere, pervenuti in Accademia. Era composto da 180 dipinti, alcuni dei quali nel tempo sono purtroppo andati dispersi. Nel 2017 l’Accademia ha pubblicato, introdotto da un saggio inedito di Geneviève e Olivier Michel, le analisi degli inventari del lascito condotte da Giulia De Marchi che, confrontando i documenti d'archivio, ha saputo ricondurre, nella quasi totalità dei casi, le opere degli elenchi settecenteschi a quelle oggi presenti in Accademia, consentendo così di chiarire questioni sino ad allora irrisolte sulla provenienza e l'attribuzione di molti dipinti. Per approfondire

 

 

 

La riproduzione digitale del dipinto è stata eseguita con il contributo della Regione Lazio, Direzione Cultura e Lazio Creativo, Area Servizi Culturali e Promozione della lettura, L.R. n. 24/2019, Piano 2022
 

Accademici correlati
condividi