Paesaggio con figure
Autore
Marianna Candidi Dionigi
(Roma 1757 - Civita Lavinia 1826)
Data
1809
Tecnica
inchiostro bruno acquerellato su carta applicata a cartoncino
Dimensioni
mm 358 x 508

Marianna Candidi nacque a Roma il 18 novembre 1757 da Giuseppe Candidi e Maddalena Scilla, nipote del pittore accademico Agostino Scilla, ma in famiglia ella fu educata nelle discipline classiche, nelle lingue straniere e alla musica, non alle arti. Sposò giovanissima, il 28 settembre 1772, Domenico Dionigi, letterato arcade; si appassionò alla pittura di paesaggio per suggerimento di Seroux d'Agincourt, sotto gli insegnamenti di Carlo Labruzzi.  Il salotto Dionigi, a palazzo Verospi in via del Corso, era frequentato da grandi personalità dell'arte e della cultura italiane, come Ennio Quirino Visconti, Milizia, Canova, Valadier, Missirini, e straniere, come d'Agincourt, Cunich e il card. Erskine. Ebbe sette figli, rimase vedova nel 1801 e da allora intensificò i suoi studi. Morì a Civita Lavinia il 10 giugno 1826. Importante fu il riconoscimento dell'Accademia di San Luca, che nel 1808 la volle fra i suoi membri proprio in qualità di “pittrice paesista”, e approvò ufficialmente il testo dei suoi Precetti elementari sulla pittura de' paesi, pubblicato otto anni dopo. Opera nota della Dionigi, uscita fra il 1809 e il 1812, sono i Viaggi in alcune città del Lazio che diconsi fondate dal re Saturno in cui i suoi disegni, incisi da Vincenzo Feoli e Federico Gmelin, sono accompagnati da commenti in forma epistolare. Ella donò alla Biblioteca accademica ambedue le pubblicazioni nel 1822. L'Album di disegni conservato nell'Archivio storico giunse per dono di Giuseppe Tomassetti (1848-1911), che lo aveva ricevuto dal nipote Gerardo Dionigi (1855-1888). 

La Dionigi eseguì con successo diversi dipinti, copie e paesaggi di stile pienamente neoclassico; il suo principale riferimento fu Claude Lorrain. Partecipò all'esposizione in Campidoglio del 1810 ed era apprezzata anche dai collezionisti stranieri. I disegni della raccolta familiare andarono perduti durante l'ultima guerra. Questo è un suo raro acquerello, tecnica largamente usata dal maestro Labruzzi e raccomandata dalla stessa Dionigi a chi volesse dedicarsi alla pittura di paesaggio, quale fase necessaria dopo l'apprendimento del disegno prospettico, per assuefare “l'occhio alla condotta del lume”. Già in altre opere della Dionigi si trova, immersa nel paesaggio, una figura femminile che è stata riconosciuta come la stessa autrice. Qui, la data 1809 che compare in basso, rafforza l'idea che la donna a cavallo sia lei, in partenza nelle nebbie mattutine per i viaggi affrontati nel basso Lazio per condurre gli studi sulle antichità, pubblicati proprio a partire da quell’anno. In quest'opera possiamo ammirare la qualità nella resa dell'atmosfera naturale, delle distanze, delle forme che si ricompongono nell'osservazione generale della scena. Alle incisioni dei disegni della Dionigi è stato riconosciuto un ruolo di primo piano nel paesaggio a carattere documentario e archeologico, in questa composizione eseguita tramite contrasti di luci e ombre si trova una maggiore libertà nell'esprimere le emozioni delle esperienze vissute, è la testimonianza di intime suggestioni, e pare già appartenere a una dimensione romantica dell'arte.

Giulia De Marchi

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