(Lione 1756 – 1813)
Joseph Chinard con questo gruppo in terracotta vinse il primo premio al Concorso Balestra del 1786. Le terrecotte che, su indicazione della commissione accademica, dovevano rappresentare il tema mitologico Perseo libera Andromeda (IV libro delle Metamorfosi di Ovidio) furono giudicate congiuntamente alla prova ex tempore, che aveva come soggetto Il Tempo che scopre la Verità. Inizialmente Chinard risultò vincitore, seguito dal tedesco Johann Gottfried Schadow, tuttavia venne in seguito richiesto di riaprire la gara e i giovani si dovettero confrontare con un secondo soggetto, Ercole e Jole, che vide così l’inclusione anche di Camillo Pacetti, giovane fratello dell’accademico Vincenzo, che si classificò secondo a pari merito con l’artista tedesco. L’opera di Chinard, descritta in alcuni inventari storici dell’Accademia, venne esposta, almeno fino al 1834, insieme a quelle degli altri due colleghi nella Galleria di San Luca. Chinard ebbe una prima formazione presso l’École de dessin di Lione, soggiornò a Roma diverse volte e nel 1788, poco dopo essere tornato in Francia venne eletto membro di merito di San Luca. Nel 1784 giunse per la prima volta nella città eterna, dove rimase fino al 1787, studiando sia presso l’Accademia di Francia sia nelle collezioni pubbliche e private direttamente gli originali. Durante la sua vita dimostrò un’accesa passione politica, tanto che durante il suo secondo viaggio a Roma (1791) venne rinchiuso a Castel Sant’Angelo a causa di alcune opere ritenute sediziose. Il fervore politico continuò anche al ritorno in patria e l’artista venne nuovamente arrestato (1793), ma questa volta con l’accusa di essere un moderato. Durante la sua carriera ritornò in Italia altre due volte: nel 1800 e nel 1804. Le sue sculture, spesso, rientrano in quella convenzionalità propria dello stile del periodo dell’Impero, al quale l’artista tuttavia associa una vena di sensualità, eco di tanta produzione artistica precedente. Il tema di Perseo e Andromeda, in voga nel Settecento, venne trattato da molti artisti con sfaccettature differenti, oscillanti tra l’eroico e l’erotico. Chinard, per il gruppo in terracotta, ebbe come riferimento l’affresco di Pompei e il notissimo rilievo antico esposto ai Musei Capitolini rappresentante Perseo che libera Andromeda, insieme al celebre quadro con lo stesso soggetto di Anton Raphael Mengs (1777), ora esposto all’Ermitage. Il confronto con l’opera di Schadow (di cui si conserva un disegno alla Nationalgalerie di Berlino e il bozzetto presso il Musée Bonnard di Bayonne) mostra come l’artista tedesco abbia subito maggiormente l’influsso dell’estetica classicista, probabilmente a seguito del suo discepolato a Roma con lo scultore Alexander Trippel. Il giovane Chinard costruisce una composizione articolata, formata da due nudi, caratterizzata da una serie di evidenti contrappunti. La rappresentazione mitologica segue un andamento verticale che serra l’episodio nell’intimità dei personaggi, e lo contraddistingue per un “dinamismo controllato” (Cipriani 2005). Andromeda, con una torsione che si chiude con il chiasmo delle gambe, sembra scivolare in maniera languida dallo scoglio verso Perseo, che la trattiene con compostezza eroica mentre le cinge il braccio intorno al busto, gesto che ricorda quello del noto gruppo antico, molto apprezzato all’epoca, rappresentante Bacco e Arianna. Differentemente dalla scultura in marmo di analogo soggetto del connazionale Pierre Puget (1676-1684, Parigi, Musée du Louvre), Chinard non rappresenta in maniera contrastata e mossa la forza maschile e la grazia femminile, ma adatta le forme alla sensibilità della cultura contemporanea (Brinkerink 1989, p. 284) e, plasmando Andromeda in forma allungata e voluttuosa, inserisce questa prova giovanile, nel solco della tradizione artistica francese. Chinard dimostrò una buona padronanza del modellato e grande cura nei particolari, concentrandosi nelle pieghe del drappo, nella maschera di Medusa, nelle squame del mostro incise insistentemente e soprattutto nella bellissima capigliatura dei soggetti che incornicia il volto levigato e il dialogo muto dei protagonisti. In questa prova emergono sia la capacità di modellatore sia la conoscenza del repertorio antico tipico del milieu romano della seconda metà del XVIII secolo, anche se lo scultore dimostra un’inclinazione verso la mescolanza di elementi formali diversi, uno dei tratti distintivi della sua successiva carriera in patria, dove si affermerà come ritrattista. Nel 1791, come si legge nei registri delle adunanze accademiche, Chinard chiese e ottenne il permesso di poter riprodurre il proprio lavoro presso lo studio di Vincenzo Pacetti. Esistono di quest’opera altre due versioni, una in terracotta e una in marmo, entrambe conservate presso il Musée de Lyon.
Valeria Rotili