Ritratto di James Byres
Autore
Anton von Maron
(Vienna 1733 – Roma 1808)
Data
1768 circa
Tecnica
olio su tela
Dimensioni
cm 65 x 50
Iscrizioni
in basso: GIACOMO BYRES SCOZZESE ARCHITETTO / FATTO ACCADEMICO DI S. LUCA NELL’ANNO MDCCLXVIII
Inventario
445

Lo scozzese James Byres (1734-1817), figlio del cattolico giacobita Patrick Byres of Tonley, giunse a Roma nel 1758 per formarsi come pittore. Frequentò per alcuni anni lo studio di Anton Raphael Mengs, dove conobbe Anton von Maron, ma il maestro, visti gli esiti poco soddisfacenti delle prime prove del giovane aspirante pittore di storia, gli suggerì di dedicarsi piuttosto alla miniatura e alla pittura a smalto. Byres decise allora di studiare architettura e partecipò anche al Concorso Clementino indetto dall’Accademia di San Luca per il 1762, in occasione del quale vinse il terzo premio per la prima classe di concorso. In seguito, con il crescente espandersi della pratica del Grand Tour, preferì concentrarsi sugli studi antiquari per intraprendere una brillante e redditizia carriera di cicerone, di agente d’arte e di antichità per nobili britannici. L’attività di cicerone di Byres era impostata su precisi criteri didattici, come un vero e proprio corso di storia dell’arte, della durata di circa sei settimane: le lezioni si tenevano on site, secondo un fitto programma di visite a siti archeologici, musei, quadrerie e palazzi. Tra i suoi allievi più illustri figura anche lo storico Edward Gibbon che lo definì «a scotch antiquary of experience and taste». Dotato di grandi abilità comunicative e mercantili, Byres era solito inserire all’interno del suo programma di escursioni anche una visita alla propria abitazione, presso piazza di Spagna, all’interno della quale si trovava una galleria di quadri di antichi maestri, un vero e proprio museo privato dove si potevano fare acquisti di opere d’arte e di antichità e negoziare commissioni. Negli altri ambienti dell’elegante abitazione erano esposte stampe, calchi in gesso e opere di artisti contemporanei. Per le mani di Byres passarono dipinti di grande valore, come l’Assunzione della Vergine di Poussin (ora a Washington, National Gallery), posseduta dal conte Niccolò Soderini e venduta a Lord Exeter, o la serie dei Sette Sacramenti sempre di Poussin di proprietà della famiglia Boccapaduli e venduta a Charles Manners, quarto Duca di Rutland. Diversamente da Thomas Jenkins, fu molto meno attivo nel commercio di antichità, come pure non risulta che avesse mai richiesto licenze per effettuare scavi archeologici a Roma o nel Lazio. Nel settore delle antichità assicurò comunque a Lord Hamilton, nel 1780, un acquisto sensazionale: il celebre Vaso Portland proveniente dalla collezione di Donna Cornelia Barberini Colonna e oggi al British Museum di Londra. Fu anche mercante di opere di artisti contemporanei come Mengs, Angelica Kauffmann, lo stesso von Maron, come pure di pittori danesi e polacchi. Molto stretto fu inoltre il suo legame con Pompeo Batoni di cui fu agente per conto di nobili britannici nonché uno dei suoi esecutori testamentari, nel 1787. Il 20 novembre 1768 l’Accademia di San Luca gli conferì il titolo di accademico di merito nella classe di architettura, su proposta del principe Andrea Bergondi e nel corso degli anni Settanta risulta essere una presenza attiva nella vita dell’Istituzione, prendendo parte sia alle congregazioni accademiche sia alle procedure per i concorsi di architettura. Come architetto eseguì vari progetti per importanti committenti britannici, ma solo pochi di essi furono realizzati: tra questi il monumento a Sir James Macdonald (1768) nella chiesa di Sleat, isola di Skye, in Scozia, e alcuni caminetti. Per questo ritratto, eseguito dal pittore austriaco von Maron, principe dell’Accademia di San Luca dal 1784 al 1786, sono state proposte diverse datazioni: fine degli anni Settanta del Settecento (Weingartner 1961-1962, pp. 239-240) e ultimo decennio del secolo (Susinno 1974, p. 268), quest’ultima accolta dalla critica più recente (Coen 2000, cat. I. 21; Cesareo 2014, p. 90-92; Schmittmann 2013, pp. 109-111).

Pier Paolo Racioppi
 

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