(San Gimignano 1603- Firenze 1660)
Allievo intorno al 1620 di Jacopo da Empoli, maestro che ebbe un ruolo fondamentale nella sua formazione, Ficherelli fece propria, a partire dalla metà del quarto decennio, la lezione di Francesco Furini, fautore della linea ‘morbida’ e sensuale che è una delle prerogative più significative della pittura fiorentina del Seicento. Il primo e principale mecenate del Riposo fu il conte Alberto Bardi di Vernio che lo ospitò nel proprio palazzo fiorentino, commissionandogli, tra l’altro, le copie delle opere di Andrea del Sarto nel Chiostrino della Santissima Annunziata e la pala d’altare con San Ludovico di Tolosa, sant’Agata e due angeli della cappella di famiglia nella basilica di Santa Croce, oggi nell’omonimo Museo dell’Opera adiacente alla chiesa. Alla scomparsa del conte Alberto (1631), Ficherelli passò sotto la protezione del fratello Carlo, e, in seguito, del figlio di quest’ultimo, Pierantonio il quale ereditò tutte le significative opere d’arte del padre e dello zio.
La pittura da sala del Riposo, genere in cui eccelse, conta vari capolavori oltre a quello qui esposto. Tra questi la drammatica Giulia che riceve la veste insanguinata di Pompeo, oggi presso la Cassa di Risparmio di Pistoia e Lucchesia a Pistoia e due ‘favole’ documentate negli anni Cinquanta di diversa provenienza antica e oggi in differenti collezioni private: Carlo e Ubaldo nel giardino di Armida, eseguito per la famiglia Corsini di Firenze (1654-1655) e Rinaldo nella foresta incantata (1655).
L’episodio narrato in questa tela è tratto dal I libro dell’Ab Urbe Condita di Tito Livio (58, 1-6). Il momento illustrato è quello in cui Tarquinio intimidisce Lucrezia con il pugnale, appena prima di farle violenza. L’uomo veste un’elegante giacca color del mare su cui spiccano i ricami dorati che terminano con l’allacciatura ad alamari. Distesa sul letto, nello splendore delle carni nude, Lucrezia tenta invano di respingerlo, mentre sul volto compare il rossore della vergogna e dello sforzo, evidenziato dal bianco del cuscino e dal biondo scuro dei capelli. Sullo sfondo un servitore assiste impotente alla scena, ignaro che diverrà vittima sacrificale dello spietato carnefice. Ficherelli ha attualizzato la tragedia antica ambientandola nella camera da letto di una dimora seicentesca che diventa scena di teatro grazie alle tende che introducono al fulcro dell’episodio: lo scontro fisico e intimo tra i due protagonisti, accentuato dal taglio ravvicinato e scorciato leggermente da sotto in su.
Ad attestare la fortuna della tela, rimangono molte copie e derivazioni, ma anche una replica autografa del Riposo, oggi in collezione Luzzetti a Firenze.
Francesca Baldassari