Che Gordon Matta-Clark sia tra i più interessanti artisti americani della generazione operante negli anni ’70 è oggi ampiamente riconosciuto. Egli ha tracciato con la sua opera, un percorso tra i più vitali, aperto a diverse discipline, punto d’incontro e di sintesi dove, ciò che indichiamo come performance, arte concettuale, land art, minimal art e architettura intrecciano un nodo che non smette di offrire spunti alla riflessione storica come anche al godimento di un’arte complessa e ricca di tangenze. 
Immagini fotografiche, film, montaggi di primi cibachrome, insieme a rari disegni, scarni nella loro materialità paradossalmente testimoniano invece di un vero e proprio calarvisi. Ecco allora mura, pavimenti, case, spazzatura, strade, esseri umani, macchine, alberi... cielo... al pieno dei loro contenuti simbolici, sociologici e psicologici, offrirsi al disegno che interviene, aprendo vie al di là delle convenzioni dell’uso, liberando il vedere per arrivare a farsi espressione finanche della sua generazione, così straordinariamente inquieta e creativa. La stessa che, internazionalista, si batté contro la guerra, per i diritti civili scegliendo love e che anche seppe resistere ai piani di smantellamento di quella parte a sud di Houston Street, a Manhattan, allora abbandonata e fatiscente, impossessandosene per renderla centro di una allargata comunità artistica vitale e effervescente... SoHo. Lì aprì FOOD, fornendo non solo nutrimento fisico. 
Tutto questo, e sicuramente molto altro ancora, sono sicuro, muove Harold Berg alla ricerca attiva, percorrendo numerose vie che con sensibilità e intelligenza lo portano sulle tracce di opere, documenti, film e come dice lui, con bella parola, ephemera, nel tentativo invece di dare a tutto durata e restituire quell’esperienza al presente, viva e agente sulla nostra coscienza. 

[dalla Presentazione di Gianni Dessì]
 

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