(Siena 1571–Roma 1626)
Nell’agosto 1623 Antiveduto Gramatica consegnò all’Accademia di San Luca la copia su tela della pala d'altare della chiesa accademica dei Santi Luca e Martina, raffigurante San Luca che dipinge la Vergine, dipinto simbolo dell'istituzione romana, allora unanimemente attribuito a Raffaello.
L’anno precedente, infatti, le condizioni conservative precarie in cui versava la tavola avevano spinto gli accademici a commissionare una copia che, all’occorrenza, avrebbe potuto sostituire l’originale (G. Incisa della Rocchetta in Noehles 1969, pp. 182-183; Ventra 2015). Oltre all’eccezionalità del suo autore, l’importanza della tavola si doveva anche all’iconografia: Raffaello è rappresentato accanto al santo patrono dei pittori, come se stesse imparando a dipingere da lui, diventandone erede. Il significato simbolico del dipinto indicava quindi che tutti gli artisti che avrebbero seguito le orme di Raffaello sarebbero stati allievi indiretti del santo.
Membro di rilievo del consesso accademico, di cui sarebbe divenuto principe nell’anno successivo, Antiveduto venne individuato dai colleghi come il miglior candidato per questo incarico, essendo un pittore che, negli anni di passaggio tra XVI e XVII secolo, aveva saputo adattarsi al mutamento del gusto coniugando l’adesione alla maniera del Caravaggio – sostenuta fin dal principio da una fazione all’interno della San Luca (Salvagni 2008; Pampalone 2011; Terzaghi 2020) – con elementi classicisti e raffaelleschi, così da dare vita a un linguaggio aggiornato ma al contempo solidamente ancorato alla tradizione.
Le fonti seicentesche ricordano che Antiveduto da giovane aveva molto studiato Raffaello e che aveva sempre dimostrato ottime doti di copista (Mancini 1619-21, I, p. 111; Baglione 1642, pp. 292-293). L’attenzione di Antiveduto al maestro di Urbino è del resto evidente nelle molteplici rielaborazioni di modelli raffaelleschi disseminati nelle sue opere, ma anche dalla presenza nell’inventario dei dipinti della sua famiglia di un non meglio identificato «cartone» di Raffaello (Gandolfi 2014, p. 99), che testimonia una consuetudine diretta con la mano del maestro.
Nel realizzare la tela, il Gramatica non rinunciò a inserire piccole ma significative varianti rispetto all’originale, come il movimento verso il basso della testa del cherubino che decora la parte inferiore sinistra del cavalletto di san Luca, o la goccia di colore che deborda dalla vaschetta che il santo regge nella mano sinistra. La scelta del supporto tessile anziché il legno va ricondotta alla volontà di garantire alla nuova pala una maggiore resistenza alle complicate condizioni ambientali della chiesa accademica. L’esecuzione di questo dipinto procurò molte disavventure ad Antiveduto, che si vide costretto alle dimissioni da principe dell’Accademia a seguito dell’infamante accusa mossa da Mao Salini di aver realizzato la copia con l’idea di vendere segretamente l’originale, fatto smentito nettamente dalle ricostruzioni documentarie.
Dal momento della sua realizzazione, la storia dell’opera sarà legata indissolubilmente a quella dell’originale, in un continuo spostamento che garantiva idealmente la presenza contemporanea dell’immagine simbolo dell’Accademia sia nella chiesa dei Santi Luca e Martina, sia nella sede dell’Istituzione. La copia realizzata da Antiveduto ha ben assolto nel corso dei secoli allo scopo per cui era stata realizzata: memoria precoce dell’icona raffaellesca dell’Accademia, è servita come esemplare per le numerose e ripetute operazioni di restauro, divenendo una sorta di modello del suo stesso modello, fino all’intervento novecentesco di Pico Cellini, che non seguì Antiveduto per integrare il presunto Raffaello. Questa scelta determinò tra l’altro la vistosa differenza di colore nelle vesti del ritratto del pittore di Urbino: azzurre nella copia seicentesca, attualmente rosa nell’originale. La tela è tuttora conservata con una preziosa cornice intagliata con motivi vegetali e dorata, quasi certamente da identificarsi con quella donata dal pittore e principe dell’Accademia Carlo Maratti nel 1700 (R. Gandolfi in Raffaello. L’Accademia di San Luca e il mito dell’Urbinate 2020, p. 39).
Riccardo Gandolfi
Bibliografia essenziale
G. Baglione, Le vite de' pittori scultori et architetti. Dal pontificato di Gregorio XIII del 1572. In fino a' tempi di Papa Urbano VIII nel 1642, Roma 1642.
G. Mancini, Considerazioni sulla pittura, a cura di A. Marucchi, Roma 1956.
K. Noehles, La Chiesa dei SS. Luca e Martina nell’opera di Pietro da Cortona, Roma 1969 (G. Incisa della Rocchetta, pp. 182-183).
G. Papi, Antiveduto Gramatica, Soncino 1995, cat. 72, p. 122.
H. P. Riedl, Antiveduto della Grammatica (1570/71 - 1626). Leben und Werk, Monaco 1998, cat. 50, pp. 174-175.
A. Pampalone, Caravaggio “virtuoso” una leggenda), in Caravaggio a Roma, catalogo della mostra a cura di M. Di Sivo, O. Verdi, Roma 2011.
I. Salvagni, Gli «aderenti al Caravaggio» e la fondazione dell’Accademia di San Luca. Conflitti e potere (1593-1627), in Intorno a Caravaggio. Dalla formazione alla fortuna, a cura di M. Fratarcangeli, Roma 2008, pp. 41-74.
R. Gandolfi, Un nuovo inventario di dipinti di Antiveduto e Imperiale Gramatica, in «Storia dell’arte», 37-38,2014, pp. 93-103.
S. Ventra, San Luca dipinge la Vergine di Antiveduto Grammatica: una copia a presidio d’integrità per l’immagine simbolo dell’Accademia di San Luca, in Storia dell’arte come impegno civile, a cura di A. Cipriani, V. Curzi, P. Picardi, Roma 2014, pp. 191-198.
S. Ventra, Il San Luca "di Raffaello": vicende e restauri tra Cinquecento e Novecento, in «Ricerche di storia dell’arte», 116/117, 2015, pp. 170-183.
M.C. Terzaghi, L’Accademia di San Luca (vista da Caravaggio), in «Atti e Memorie dell’Arcadia», 9, 2020.
Raffaello. L’Accademia di San Luca e il mito dell’Urbinate, catalogo della mostra (Roma 2019-2020), a cura di F. Moschini, V. Rotili, S. Ventra, Roma 2020 (R. Gandolfi, cat. 2, pp. 37-39).