(Possagno 1757 – Venezia 1822)
Il gesso è entrato a far parte delle collezioni accademiche il 15 dicembre 1886, donato dalle figlie di Rinaldo Rinaldi, morto nel 1873, in quanto si trovava nell’atelier paterno. Rinaldo Rinaldi, infatti, che aveva frequentato lo studio di Canova, deve essere stato tra i suoi lavoranti che, come dimostrano i punti di trasporto presenti sulle superfici del gesso, lo hanno utilizzato per delle traduzioni in marmo poi perdute.
I primi di settembre 1802, Canova fu invitato a Parigi, tramite Monsieur Cacault, Ministro presso la Santa Sede della Repubblica francese, per realizzare il ritratto di Napoleone, allora Primo Console. Lo scultore cercò di rispondere con un diniego, adducendo varie motivazioni che, come racconta l’amico Antonio D’Este nel resoconto degli avvenimenti di quei giorni e della successiva corrispondenza intercorsa tra di loro, furono tutte non prese in considerazione dal ministro. Cacault, inoltre, si rivolse anche al cardinal Consalvi, segretario di Stato di Pio VII, per ottenere dal papa il permesso di far allontanare per un periodo Canova dal suo incarico di Ispettore Generale per le Belle Arti, incarico che lo stesso scultore aveva utilizzato per evitare di accettare la commissione. In realtà fu proprio il cardinal Consalvi a persuadere lo scultore a partire, considerando la valenza diplomatica del viaggio (D’Este 1864, pp. 123-126). Giunto a Parigi alla fine di settembre, in cinque sedute di posa nel Castello di Saint-Cloud, tra il 6 ed il 17 ottobre, Canova modellò in creta il busto di Napoleone. Prima di rientrare a Roma nel 29 dicembre successivo, ne trasse un modello in gesso oggi perduto, dal quale derivano sia il busto dell’Accademia di San Luca sia un gesso conservato presso la Gipsoteca di Possagno, anch’esso, come quello accademico, come si deduce dalla presenza dei punti di repère, utilizzato per successive traduzioni in marmo. Dal resoconto di Antonio D’Este, sappiamo che le sedute furono occasione di dialogo tra il Primo Console e lo scultore il quale “si dolse amaramente dello spoglio fatto a Roma dei monumenti delle arti greche e romane; lamento che era ormai fatto comune a tutti gli italiani ed alla sana parte dei Francesi, e gli accennò l’Opuscolo di Quatremère de Quincy”. Canova confessò a quest’ultimo di essere stato contento dell’apprezzamento espresso da Napoleone e da sua moglie Giuseppina per il busto, in quanto “temeva di non riuscirvi per la sua inesperienza nel fare ritratti” e che il Primo Console gli lasciò mano libera, in quanto “ai geni non si prescrivono leggi” (D’Este 1864, p. 127). Nel gesso accademico Napoleone è rappresentato di fronte, il volto e lo sguardo leggermente inclinati verso il basso, ed appare intenso, come ad alludere alle sue gravi responsabilità politiche.
Paola Picardi
La riproduzione digitale della scultura è stata eseguita con il contributo della Regione Lazio, Direzione Cultura e Lazio Creativo, Area Servizi Culturali e Promozione della lettura, L.R. n. 24/2019, Piano 2022